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INTERFACOLTA'
Documento comune dei collettivi autorganizzati di facoltà

interfacoltà

Negli ultimi mesi un nuovo movimento studentesco ha attraversato con le sue
lotte gli atenei di tutta Italia, mobilitandosi contro quell’opera di
smantellamento della scuola e dell’università pubblica che il ministro
Moratti sta portando a termine. Un’opera, per la verità, cominciata molto
prima, da quando i precedenti governi di centro-sinistra mettevano in campo
l’autonomia didattica e finanziaria con Berlinguer e la riforma dell’
università con Zecchino; una serie di vere e proprie “controriforme”
orientate alla distruzione della scolarizzazione di massa, ma anche ad una
ristrutturazione del sistema orientata al disciplinamento della
forma-sapere.
Da un lato si tenta di distruggere la scuola di massa, attraverso un
meccanismo di sbarramenti successivi. Il primo impone la scelta tra sistema
dei licei e quello della formazione professionale, ideato dalla Moratti, che
produce una prima separazione tra chi andrà ad occupare i gradini più bassi
nella divisione sociale del lavoro e chi potrà continuare gli studi (la
scelta è fatta a 13 anni, dunque in base alla condizione sociale della
famiglia). Il secondo è lo sbarramento del 3+2, nella misura in cui non
tutti coloro che accedono all’università hanno poi la possibilità di
accedere anche al biennio specialistico, a causa dei numeri chiusi e dell’
aumento delle tasse.
Parallelamente assistiamo alla nascita del sistema dei crediti, all’idea che
il sapere possa essere in qualche modo misurato, quantificato, imbrigliato.
Di fatto, il tentativo è proprio quello di disciplinarlo e piegarlo alle
esigenze del sistema produttivo.
Schematicamente, ciò avviene almeno in una duplice direzione. Anzitutto,
come produzione di lavoro-vivo; gli studenti sono “forza-lavoro potenziale”,
nel senso che acquisiscono tutte le competenze tecniche e conoscitive
necessarie allo svolgimento del lavoro. Inoltre, il sistema dei crediti
porta alla proliferazione del numero degli esami e alla frammentazione del
sapere in micro-moduli. Ciò comporta da un lato un’offerta didattica sempre
più scadente e dequalificata, dall’altro l’aumento dei ritmi di studio e la
compressione dei tempi e dei ritmi di vita dello studente.
Il sapere viene quindi piegato alle esigenze della macchina produttiva.
Si tenta di negare l’ambivalenza contenuta in ogni forma di sapere, che è
anche la possibilità della sua rielaborazione critica. Le forme di
produzione esistenti non sono in discussione: il sapere non deve farsi
critica dell’esistente. Si presenta il sapere solo come funzionale ad essere
speso dentro una relazione già data: lavoro in cambio di salario. In tal
senso l’università, e in generale il sistema della formazione, non è luogo
neutrale, luogo di scambio e di circolazione di conoscenze astratte e
svincolate dal piano dei rapporti sociali esistenti. Possiamo così vedere l’
essere funzionale dell’università, e in generale del sistema della
formazione, al sistema sociale dominante. Sul piano oggettivo, fornisce le
competenze necessarie alla produzione; sul piano soggettivo, si fa portatore
di un sapere spogliato delle sue potenzialità critiche, presentato come
“neutrale”, che assume come già date le strutture sociali esistenti.

Dentro e contro l’università riformata del 3+2 è stata costruita negli
ultimi tre mesi una mobilitazione larga e partecipata, che ha portato all’
occupazione di molte facoltà in tutta Italia e all’assedio alla camera del
25 ottobre, giorno dell’approvazione del DDL Moratti sullo statuto giuridico
della docenza.
Anche a Bologna gli studenti si sono mobilitati, occupando le facoltà di
lettere e filosofia, di scienze politiche e di giurisprudenza, portando
avanti l’occupazione dell’A.U.L.A. di piazza Scaravilli, sgomberata dalle
forze dell’ordine su richiesta del rettorato. Una mobilitazione che si è
radicata nel cuore della città universitaria, producendo forme di lotta
autorganizzata svincolate dalla logica di quei gruppi studenteschi
istituzionali e moderati che mai si sono opposti alla riforma Zecchino e che
da sempre, nei luoghi della rappresentanza studentesca, hanno accettato i
numeri chiusi e le altre vergogne dell’amministrazione Calzolari.
Una mobilitazione che è entrata in conflitto con la gestione locale dell’
università, basata su numeri chiusi e tasse esorbitanti, su una mensa
privatizzata dall’ARSTUD, su studentati inadeguati e borse di studio
insufficienti. Una mobilitazione che si è subito posta su un terreno
apertamente antagonista anche con chi questa città la amministra, con un
sindaco impegnato a discutere ordini del giorno sulla legalità, insensibile
ai problemi sociali della città, pronto anzi a far manganellare gli studenti
che sotto palazzo D’Accursio chiedevano di far sentire la propria voce in
Consiglio Comunale.
L’esperienza di questo movimento è bagaglio troppo ricco e troppo importante
per essere disperso. Occorre oggi fare il punto della situazione e
affrontare opportunamente la nuova fase. Le lotte di questi mesi, nate dall’
esigenza di bloccare l’approvazione del DDL Moratti, hanno portato all’
occupazione delle facoltà, dando la possibilità di sperimentare una
socialità altra, di vivere e di sedimentare una prospettiva di vita
collettiva e cooperante, lontana dal modello atomizzato e individualistico
che l’università del 3+2 ci propina.
Ora si tratta di declinare concretamente un percorso di lotta per costruire
l’altra università che desideriamo, un luogo veramente universale, in cui la
circolazione e la fruizione del sapere sia libera e liberata dalle logiche
della mercificazione del capitale.

Il diritto allo studio rappresenta il primo elemento di scardinamento di un
modello selettivo e classista. Già oggi, infatti, l’università è frequentata
solo da quelle classi sociali che possono permettersene i costi.
Non solo le tasse universitarie e i numeri chiusi si configurano infatti
come elementi che negano il diritto allo studio, ma anche il costo della
vita, inteso come costo degli affitti e assenza di strutture abitative
(studentati) in grado di accogliere gli studenti, costo dei trasporti e
della mensa universitaria. Su questi temi il movimento studentesco deve
continuare a mobilitarsi, cercando convergenze anche con gli altri soggetti
del precariato sociale cittadino.

Occorre inoltre investire e scardinare quella logica di disciplinamento
totale della forma-sapere aggravata dal sistema dei crediti. La
proliferazione di micro-moduli e la frammentazione del sapere possono essere
concretamente combattuti attraverso percorsi di mobilitazione che potrebbero
attorno a 3 assi fondamentali:
- una drastica diminuzione del numero di esami annui (per contrastare tanto
la frammentazione dei saperi quanto l’aumento insostenibile dei ritmi di
studio).
- l’opposizione ai micro-corsi di 30 ore, agli esami a crocette, al
nozionismo in generale, tramite la proposta di un’idea diversa di didattica,
centrata su tempi di apprendimento lunghi, profondità e organicità dei
corsi, possibilità di rielaborazione e di messa in discussione dei
contenuti.
- la rivendicazione di una maggiore autonomia nella costruzione del proprio
piano di studi (più esami a scelta), nella direzione di una totale
autogestione del proprio percorso formativo.
Ognuno di questi filoni di ragionamenti presenta enormi limiti e
contraddizioni se considerato singolarmente, ma legandoli tra loro è
possibile costruire campagne concrete e radicali.

Se è vero che l’università è un territorio (anche se non l’unico) nel quale
si costruisce immaginario, nel quale si sedimenta, in forme più o meno
esplicite, la legittimazione dell’esistente, ne consegue che una forma di
lotta antagonista dentro l’università del 3+2 non può non passare per
pratiche che mettano al centro dell’attenzione la circolazione di sapere
altro, di sapere non mercificato e libero dalla logica della produzione.
Costruire seminari autogestiti dentro i quali elaborare e far circolare
controsapere. Seminari radicalmente diversi rispetto ai corsi tradizionali
non solo nel merito dei contenuti affrontati ma anche e soprattutto nel
metodo: basati cioè su una condivisione e rielaborazione collettiva del
sapere.
In ciò il sapere ci mostra la sua ambiguità ontologica: per un verso piegata
al pensiero unico, per l’altro estremamente aperta, sempre eccedente,
passibile di molteplici rielaborazioni orientate alla trasformazione dell’
esistente.

Occorre dare alle lotte nuova linfa vitale e nuovi spazi di agibilità
politica.
Una prospettiva strategica di lotta e di trasformazione non può darsi senza
il radicamento fisico, territoriale nell’università. Non è possibile eludere
la questione degli spazi in cui praticare autorganizzazione, diffondere
controsapere, sedimentare idee e pratiche di lotta antagonista; in cui
vivere un’università altra da quella della produzione di un sapere utile
solo ad essere mercificato.

Tutto questo è possibile solo se oggi, dopo le  mobilitazioni che abbiamo
costruito, saremo in grado di portare il conflitto in ogni singola facoltà.
Dopo una fase di movimento legata alle lotte nazionali, diventa ora
indispensabile andare a costruire percorsi di autorganizzazione e di lotta
nel cuore pulsante delle facoltà, veri anelli di quel meccanismo
università-azienda che vogliamo scardinare.
Le facoltà sono i luoghi in cui le riforme vengono concretamente applicate,
in cui gli studenti vivono quotidianamente la selezione e il numero chiuso,
la didattica dequalificata, i corsi frontali di trenta ore e i micro-moduli
didattici, la proliferazione insostenibile degli esami. Sono però al tempo
stesso i luoghi nei quali è possibile vivere concretamente l’occupazione di
spazi, la circolazione di sapere critico, la creazione di seminari
autogestiti.
In tal senso, crediamo fondamentale proseguire quella mobilitazione contro
la Zecchino-Moratti e contro la gestione Calzolari  attraverso la
costruzione di collettivi di facoltà che aprano percorsi di vera
autorganizzazione da cui partire per produrre momenti di conflitto forte e
costruire rapporti di forza tali da permettere di raggiungere risultati
concreti.
Come collettivi autorganizzati di facoltà, rivendichiamo la continuità con i
contenuti e le pratiche che il movimento studentesco bolognese ha messo in
campo in questi mesi. Contenuti e pratiche che vogliamo rilanciare facoltà
per facoltà.
Ci muoviamo sul piano dell’autorganizzazione sociale, dentro e contro l’
università del dominio.
Il nostro tempo è qui, e continua adesso!

SCIENZE POLITICHE
COLLETTIVO SPA – Soggettività Precarie Autorganizzate 
Assemblea ogni lunedì ore 15 in Aula B – Strada Maggiore 45
collettivospa at indivia punto net
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LETTERE  E FILOSOFIA
COLLETTIVO C38 – Studenti Autorganizzati di Lettere e Filosofia 
Assemblea ogni lunedì ore 17 in Aula Studenti – Via Zamboni 38
c38bo at riseup punto net
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LINGUE
COLLETTIVO XX OTTOBRE
Assemblea ogni mercoledì ore 15,30 Aula Lugli – Via Cartolerie 5
studentidilingue at yahoo punto it 

GIURISPRUDENZA
COLLETTIVO ORA D’ARIA
Assemblea ogni lunedì ore 14 (aula da definire)
marcusbarone at yahoo punto it 

SCIENZE
CASSEUR Collettivo di Area Scientifica SElvaggi URbanizzati
Assemblea ogni giovedì ore 21 c/o VAG Via Paolo Fabbri 110
casseur at riseup punto net
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INGEGNERIA
GRUPPO STUDENTESCO INDIPENDENTE
contattailcollettivo at libero punto it - 340 2937520

AGRARIA
COLLETTIVO DI AGRARIA
Presenti martedì o giovedì allo spazio studenti della facoltà
cristinaiaas at hotmail punto com
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