7 OTTOBRE 2004 - SEQUESTRO DEI SERVER
DI INDYMEDIA
NOSTRA RASSEGNA STAMPA/WEB
Indice retroverso
15/10 - da Punto-Informatico: restituiti gli Hard Disk, confermata implicazione Procura di Bologna
11/10 - da Indymedia Italia sull'ipotesi svizzera
09/10 - Ansa su Landolfi e Nassirya
09/10 - da Rekombinant 9.10.2004
<REKOMBINANT
- 9.10.2004> Con un’operazione senza precedenti,
il 7 ottobre il Dipartimento
di giustizia americano ha disposto il sequestro a Londra (e negli Usa)
degli hard disk del network di media indipendenti noto come Indymedia.
Il risultato è stato quello di oscurare ventuno nodi locali del network
– fra cui quelli di Italia, Inghilterra, Brasile, Germania, Portogallo
- e di bloccare web radio e diversi altri progetti di informazione indipendente.
[..]
L’operazione, coordinata dal Fbi americano, ha sollevato forti dubbi
sulla liceità dell’azione, soprattutto perché effettuata
ai danni di un’azienda operante in Europa, anche se basata in Texas,
la Rackspace Inc. [...]
L’Fbi, tramite il portavoce
Joe Parris, ha spiegato che l’intervento per bloccare i server del sito
Indymedia sarebbe avvenuto su richiesta dell’Italia e della Svizzera,
e non degli Usa, chiarendo che l’azione del Ministero della giustizia
americana è il risultato degli “obblighi legali contenuti nei
nostri trattati di assistenza reciproca”.
A far luce su questo aspetto è stata proprio l’azienda coinvolta,
che ha pubblicato una dichiarazione secondo cui avrebbe acconsentito all’ingiunzione,
da “buon cittadino” (una ‘’incorporated’’
come spiega bene il film-denuncia “The Corporation”, è
legalmente assimilata ad una persona fisica), in ossequio agli accordi di
Mutua Assistenza Legale (Mutual
Legal Assistance Treaty, MLAT) cui aderiscono tutti i paesi coinvolti
nella vicenda, Italia compresa.
Tali accordi stabiliscono specifiche procedure per i paesi sottoscrittori
e prevedono che essi collaborino
attivamente in indagini che riguardano il terrorismo internazionale, i rapimenti
e il lavaggio di denaro sporco.
Reati difficilmente ascrivibili alle attività di Indymedia. Alla Rackspace
sarebbe stata applicata anche la ‘’clausola
di discrezione’’ che impedisce agli indagati di commentare le
indagini in corso. Altri dettagli dell’operazione di polizia non sono
ancora noti.[...]
Oltre ad essere decisamente schierata contro la guerra all'Iraq, e per questi
motivi già oggetto dell’attenzione dei servizi segreti Usa, Indymedia
aveva denunciato a più riprese la scarsa affidabilità del sistema
di voto elettronico impiegato nelle consultazioni presidenziali individuando
anche possibili conflitti d’interesse fra l’azienda
produttrice ed alcuni elementi dell’amministrazione Bush. E quest’ultimo
potrebbe essere uno dei motivi del sequestro. Almeno così afferma l'Ifj,
la Federazione internazionale dei giornalisti, per cui il sequestro dei siti
sarebbe legato ad un caso di pubblicazione di documenti su presunte ''magagne''
nella progettazione del voto elettronico per le prossime elezioni Usa. [...]
Altri pensano invece che l’Fbi stia raccogliendo prove per verificare
la veridicità delle denunce comparse su Indymedia altri ancora per
mettere offline informazioni riguardanti
operazioni di polizia che includono documenti fotografici di agenti in borghese
scattate durante manifestazione
di protesta.Ma per ottenere soltanto delle prove - l’ha capito anche
la Polizia Postale in Italia dopo i
pronunciamenti dei magistrati - sarebbe bastato copiare
i dischi e portarli via, invece, con la consegna dei dischi originali
si è voluto impedire ad Indymedia di continuare
a stare in rete e di proseguire la sua normale attività informativa
che è però parzialmente ripresa grazie all’impegno dei
molti sostenitori.
Arturo Di Corinto - Rekombinant.org -
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<ANSA
- 9.10.2004 22.26> [...] Il portavoce del partito di Fini, Mario
Landolfi, canta vittoria [...]. ''Aver oscurato il
sito di Indymedia - osserva - e' stata una cosa buona e giusta: non
si trattava di controinformazione, ma di un sito
che sputava fango e veleno, pieno di oscenita''' . [...]Mario Landolfi
(An), esulta anche perche' fu lui, pochi giorni dopo l'eccidio di Nassiriya
nel novembre 2003, a chiedere per primo al governo di
chiudere questo sito, in segno
di protesta per i commenti pubblicati da Indymedia in quei giorni sui militari
italiani. Allora fu il sottosegretario
alla Giustizia, Giuseppe Valentino a riferire che la Procura di Bologna aveva
gia' avviato un procedimento penale a carico d'ignoti accusati di diversi
reati tra cui quello di vilipendio alla Repubblica, delle istituzioni costituzionali
e delle Forze Armate. E sempre Valentino disse che, essendo molti server all'estero,
il governo avrebbe ''valutato l'ipotesi di attivare la procedura di rogatoria
internazionale al fine di acquisire elementi di prova''. Procedura
che molto probabilmente ha portato all'azione dell'Fbi.
<INDYMEDIA 11.10.2004>Alla polizia di Ginevra il G8 di evian davvero non e' andato giu. [...] a quasi un anno e mezzo dai fatti (giugno 2003), a Ginevra e' ancora attiva la Cellula InchiestaG8 - gruppo speciale incaricato di scovare e arrestare persone responsabili di danneggiamenti o ribellione nei giorni del G8. Ancora attiva, nonostante lo spiacevole incidente del Wanted, grazioso repertorio fotografico di manifestanti da identificare e arrestare. Una mossa che aveva scatenato proteste di ogni sorta, ma pure consentito di individuare alcune decine di persone. La risposta al Wanted della polizia di Ginevra non si era fatta attendere ed aveva il sapore dello sfottò (il sito si intitola: che coglioni. il logo, che fa il verso a quello ufficiale della polizia di Ginevra, recita: polizia senza vergogna). Su Indymedia Nantes invece viene pubblicata una sequenza di foto assai nitide di due ispettori del gruppo anti G8 che partecipano - in borghese - a una recente manifestazione in Svizzera. I due ispettori - tramite i buoni contatti fra polizie - chiedono e dunque ottengono la rimozione delle pagine incriminate. Ma le foto, come spesso accade nella rete, riappaiono da un'altra parte. E i poliziotti decidono di depositare la denuncia penale. leggi il racconto di Indymedia Nantes (in francese) o affidati alla sua traduzione pedestre. a domande di cronist*, le autorità svizzere venerdi 8 e sabato 9 ottobre si sono esibite nel noto, pittoresco e nazionale sport del *Lo so, ma non ve lo dico*. L'Ufficio federale di polizia rimanda alla Polizia criminale federale, che a sua volta rimanda la palla all'Ufficio federale di giustizia. Il portavoce non nega, ma neanche smentisce. Ai giornalisti che lo inseguono per tutta la giornata dichiara di non potersi esprimere e rimanda - inducendo un legittimo dubbio - a rivolgersi alle Autorità giudiziarie cantonali di Ginevra. Altra musica alla polizia di Ginevra, dove il portavoce spiega che si, effettivamente l'azione legale e' partita e l'FBI ha la sua parte. Si tratta di un'iniziativa personale dei due agenti, che si sono sentiti minacciati ed esposti dalla pubblicazione sul web dei loro dati personali. Ma secondo il legale dei due, Marc Oederlin: "la denuncia e' stata depositata solo 4 giorni fa: non mi spiego come abbia fatto ad arrivare cosi' in fretta sul tavolo degli americani". Eppure: "Forse gli hanno messo il turbo", azzarda.
<Punto-Informatico.it
- 15.10.2004> Indymedia torna ma le domande restano
È arrivata ieri la conferma che il clamoroso sequestro
degli hard disk di Indymedia è effettivamente derivato da un'inchiesta italiana,
una conferma che arriva a poche ore di distanza dalla restituzione
degli hard disk sequestrati al provider britannico che ospita i server del
network indipendente di informazione Stando a quanto confermato dalla
stessa Indymedia, il pubblico ministero bolognese che indaga sui pacchi bomba
a Prodi e sulla "Federazione Anarchica Informale" - FAI (da non confondere
con la FAI- Federazione Anarchica Italiana) aveva richiesto informazioni su
notizie pubblicate dal network di informazione. Una richiesta che, spiega
Indymedia, "è stata interpretata in senso quantomai estensivo
da parte dell'FBI che ha proceduto a un sequestro vero e proprio, un eccesso
molto grave, che non è stato ovviamente convalidato". Da qui la restituzione
degli hard disk. Sebbene gli hard disk contengano sostanzialmente soltanto
le informazioni pubblicate dai contributori di Indymedia sui siti del network,
e non contengano invece log di accesso che Indymedia non conserva, è probabile
che nelle prossime ore saranno esaminati a fondo dagli attivisti del network
per verificarne l'integrità e l'assenza di intervenute manomissioni. Da parte
sua la FAI ha rilasciato una nota di commento all'accaduto sostenendo che
la chiusura del server non ha solo inteso chiudere la bocca ad una "voce scomoda"
ma ha costituito un "vero e proprio attacco alla libertà di stampa e di opinione".
Va detto che al momento l'ordine di sequestro eseguito dall'FBI non è ancora
disponibile nei suoi contenuti. La conoscenza dei dettagli servirà a rispondere
a molti degli interrogativi che in questi giorni si sono concretizzati in
una vivace polemica sulla libertà di infomazione e in interrogazioni parlamentari.